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Se la vita fosse un romanzo o un film questa storia si aprirebbe con una descrizione dell’aula di tribunale dove si tenne un processo, il Maxiprocesso, terminato il 16 dicembre 1987 e tenuto a Palermo. Le accuse contestate agli imputati riguardavano le attività illecite compiute da Cosa nostra,
la mafia siciliana.
Se la vita fosse un romanzo o un film questa storia avrebbe protagonisti probabilmente non così incredibili. Tra questi, su 474 imputati c’erano:
Salvatore Riina, meglio conosciuto come Totò Riina, detto Totò u Curtu per la sua corporatura.
Luciano Liggio chiamato dagli inquirenti La primula rossa e noto pluriomicida.
Giuseppe Calò soprannominato Pippo conosciuto come il cassiere della Mafia perché era coinvolto nel riciclaggio di denaro sporco.
Michele Greco soprannominato Il papa per la sua abilità a mediare tra le varie famiglie mafiose.
Bernardo Provenzano, detto Binnu u tratturi per la violenza con cui falciava le vite dei suoi nemici. Se la vita fosse un romanzo o un film le circa 1000 vittime che Cosa Nostra uccise in circa 5 anni non sarebbero reali.
E non sarebbero reali nemmeno le 400 persone indagate in quel processo per crimini legati alla criminalità organizzata.
Se la vita fosse un romanzo o un film il verdetto non sarebbe mai stato messo in discussione, non avrebbe rischiato di essere annullato in primo grado. Ma ogni tanto anche la vita si ricorda di essere sincera e la giustizia si ricorda di essere giustizia. Così il verdetto: 19 ergastoli, 2665 anni di carcere complessivi, undici miliardi e mezzo di lire di multe.
Se la vita fosse un romanzo o un film, però, la storia si sarebbe conclusa qui, senza la morte dei giudici Falcone e Borsellino, del generale Dalla Chiesa, o del giornalista Francese. E di altre centinaia di persone che non hanno nemmeno la clemenza del tempo e della memoria.
Se la vita fosse un romanzo o un film, sarebbe lecito dimenticare tutto questo.
Ma la vita non è un romanzo o un film. E' fottutamente reale.
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