lunedì 11 agosto 2008

Quarantasettesimo Capitolo

"Alcuni dicono che il tempo sana tutte le ferite. Io non sono d'accordo. Le ferite rimangono. Col tempo, la mente, per proteggere se stessa, le cicatrizza, e il dolore diminuisce, ma non se ne vanno mai."
Rose Kennedy

Il destino è questo: divertente e maledetto. E' un camion che impazzisce e attraversa la strada. E ti si para davanti. Un istante per la vita. Una vita che passa in un istante.
Un Giuseppe era su una di quelle vetture.
Eri lì Giuse. Eri lì, hai fatto una vita sana, ti tenevi controllato. Avevi anche smesso di fumare da qualche anno e facevi jogging tutte le sere per tenerti in forma.
Avevi due figli, una di 8 e uno di 9 anni. Gli volevi bene a quelle due pesti. Lui voleva fare il calciatore ed era contentissimo quando lo hai portato a vedere la sua prima partita. Lei era più signorina e voleva fare la stilista.
Stavi su quella strada per lavoro, eri incasinato e di fretta, stavi riorganizzando il discorso per quell'ultima riunione prima di andare in ferie. Pochi giorni ancora.
Ma pensavi ai tuoi due bambini. E il sorriso dei tuoi figli ti è passato negli occhi. Poco prima di quel camion.
L'autoradio passava la "Sonata in chiaro di luna". Era il cd che ti aveva regalato tuo padre. Lo sentivi sempre quando volevi concentrarti. E avevi i brividi.
La dolce estate era già cominciata e sorrideva vicino a te.
Tua moglie era appena uscita a fare la spesa. Ti aveva comprato quei biscotti che adori. Uno sfizio per la colazione di domani. Era indaffarata e pensava a ieri, quando avevate litigato per quella sciocchezza. E che stamattina non ti aveva neanche dato un bacio sulla guancia per salutarti. Era arrabbiata con te, Giuse. Ma che le avevi fatto? Poco importa ormai.
Era tutta qui la tua vita. Piccola e fatta di cose piccole. Immense per le persone che ti amano. E tu lì. In quel pezzo dei autostrada. E poi il camion. E quella frenata. Inutile. E poi il buio.

Il racconto in realtà è assolutamente inventato. Ma non voglio dire che sia falso. Quelle persone avevano una storia. Magari diversa da questa. Ma avevano una storia.
Nella tristezza e nel'ineluttabilità del destino, traiamo forza. La forza di guardare fieri quel sorriso beffardo e maledetto.

5 commenti:

Anonimo ha detto...

Sono d'accordo con la frase di Rose.
Tutte le ferite prima poi si rimarginano, ma nella mente rimangono indelebili per tutta la vita. Ci saranno giorni in cui non ci pensi, altri in cui vorresti rinchiuderti da solo in una stanza per pensare, riflettere e stare da solo a pensare a quelle ferite. Facile dire "...tanto prima o poi ti passa....".
Se hai fatto qualche cosa che ti fa star male, se ti hanno fatto qualche cosa per cui soffri, non ti passerà facilmente, anzi...ti porterai il dolore, il rimorso o quant'altro per tempo, molto tempo....
Almeno io la penso così.

Baci.

Anonimo ha detto...

che tristezza.. però leggere quella frase e il seguito è mi ha aperto gli occhi per un attimo..

Anonimo ha detto...

chissà...forse quelle ferite ci potranno aiutare in modo che non ci è dato sapere...

un saluto

Tommaso

Achab ha detto...

Benvenuto, Tom...

Anonimo ha detto...

cazzo!! che storia, storia inventata ma tremendamente attuale in un mondo dove il destino ti rincorre, ovunque tu ti voglia nascondere, anche se il nascondiglio si chiama amore, serenità, figli e "sad eyes" di Bruce Springsteen. Che tu voglia o no lui sa dove sei...