lunedì 24 marzo 2008

Ventiseiesimo Capitolo

"I libri hanno gli stessi nemici degli uomini: il fuoco, l'acqua, il tempo e il loro stesso contenuto."
P.Valery

In un posto sperduto di un anno infinito, un signore sta leggendo un giornale seduto su una panchina al parco. E leggendo, l'occhio cade su un annuncio che recita "Vendo collezione. Tramonti." E poi via ed indirizzo. Il signor lo ritaglia e non ci pensa più.
Tempo dopo si trova in prossimità del luogo dell'indirizzo e va a dare una occhiata. Così, un po' per curiosità, un po' pensando che all'annuncio mancasse qualche parola. Arrivato a destinazione vede che è in atto un trasloco. Chiede notizie sull'annuncio e trova una persona che gli dice "Finalmente è arrivato qualcuno. E' stato mio padre che ha messo quell'annuncio. Lui ormai è morto. Venga le faccio vedere." E lo introduce in una camera nel suo appartamento. Dentro, la stanza è vuota. Solo un ammasso di barattoli chiusi. Barattoli di ogni genere e tipo. Barattoli vuoti, con etichette diverse di un luogo, una data e una stagione.
Per un po' i due si parlano, e alla fine il figlio del proprietario glieli regala. Tutti.
Il signore ritorna a casa, scarica i barattoli in una sua stanza e si siede. Apre titubante un barattolo. E appare l'arcobaleno. Nella sua stanza, lì, perfetto, con le luci che partono come schegge, con gli odori, con i sapori, con le sfumature del tramonto.
Egli passa un anno ad aprire tutti i barattoli. Poi, finiti, prende un barattolo di marmellata, lo svuota, esce, va in campagna, si siede e aspetta il tramonto per cercare di prenderlo. Prova infinite volte. Poi capisce.
Per catturare il tramonto occorre rimanere concentrati. Occorre che tutti i sensi siano su di esso. Occorre dimenticare tutto il resto. Tutto.
Respira. Apre il barattolo. E cattura un tramonto. Mette un'etichetta. Poi lo mette da parte. Sta nascendo una collezione. Nuova. Sua.

I libri sono un po' così. Barattoli di scrittori.
Quali sono i vostri barattoli-libri da collezione?

giovedì 20 marzo 2008

Venticinquesimo Capitolo

Giorno di novembre

Il freddo Autunno ha imbavagliato il Giorno
Taccion le mille sue voci festanti.
Giù dalla torre della cattedrale,
campane a morto nella nebbia gemono.

Sovra gli umili tetti si distende
candido, in sonno, un fulgido vapore.
Con le gelide dita il vento batte
entro la gola del camino, a stormo,
gli ultimi accordi d'una marcia funebre.

R.M.Rilke

sabato 8 marzo 2008

Ventiquattresimo capitolo

"Nessun uomo conosce il significato di una qualunque notizia pubblicata in un qualsiasi giornale se prima non conosce quali interessi controllano quel giornale."
E.Pound

A tutti i maledetti giornalisti figli di nessuno.
Ormai nella nostra società non si cerca più la veridicità della notizia. Si cerca di fare notizia. La realtà? Poco importa. Quello che conta è vendere, spararla più grossa, affondare il colpo. Senza però ferire i potenti, i politici, gli stessi loro datori di lavoro insomma.
Ma senza sangue, la notiza vende meno. E allora eccoli a ferire le persone già con una psiche in bilico per un fattaccio, un evento tragico che li ha colpiti. Hanno ucciso e stuprato una bambina di 8 anni? Intervistiamo la nonna chiedendole "Ma lei cosa ne pensa di questa vicenda? Può perdonare l'aggressore?"
Oppure intervistano una vicina di casa dopo che un uomo ha ucciso tutta la famiglia con un fucile da caccia, e poi s'è sparato alla fronte. E quelli hanno il coraggio di chiederle "Ma era vero che aveva dei debiti di gioco e il mutuo da pagare?".
Cianfrusaglie di parole inutili.
Io non contesto le diverse vedute che una notizia può dare e avere. Contesto la piena interpretabilità, come se un fatto potesse essere bianco e nero allo stesso tempo.
Decidetevi: giornalisti o cialtroni.
La differenza si sentirebbe.
Provo per un istante ad immaginare la loro pena all'inferno, una sorta di supplizio con un contrappasso. Contrappasso che non riesco a immaginare. Forse nemmeno Dante ci sarebbe riuscito.

domenica 2 marzo 2008

Ventiduesimo capitolo

"Se i pensieri e i sogni omicidi fossero un delitto capitale, allora saremmo tutti nel braccio della morte."
B.J.Simon

Quanto è profondo l'abisso del male?
In passato gli uomini uccidevano spinti dalla povertà e accecati dalla fame. Poi hanno ucciso per tutelare la propria sicurezza. Poi per amore e per il sesso. Oggi per raggiungere qualcosa che si vorrebbe essere o avere. Spesso però, specie nei serial killer, è il binomio sesso-morte, è la dominanza. In Italia ce ne sarebbe 1 ogni milione e mezzo di abitanti.
Nella Londra del XIX secolo, la povertà e la miseria offrì un terreno fertile a personaggi come "Jack lo Squartatore". Ma ora come ora come possiamo coinvolgere la sociologia e la psicologia civile -senza eccessive forzature- nell'antropofagia, nelle varie parafilie, nel sadismo?
Forse non è possibile. Forse c'è dell'altro. C'è qualcosa di più profondo e oscuro, radicato nell'abisso della mente di alcuni uomini la cui vita è intessuta con il sangue e il dolore. Uomini per cui il sesso, l'amore e la morte sono intrecciati a doppio filo.
Eros e Thanatos.
E conducono il loro eterno conflitto nella psiche dilaniata dalle sofferenze della vittima e dagli impulsi del carnefice.
Ma allora il male è innato, genetico o acquisito?