giovedì 28 agosto 2008

Cinquantesimo Capitolo

"Se devono esserci conflitti, che siano nei miei giorni, così che i miei figli possano conoscere la pace."
T.Paine

Nell'epoca dove alcuni uomini massacrano dei frati in un convento, dove studentesse in vacanza vengono stuprate da ragazzi di pari età, dove la guerra non ci fa più paura e non fa più notizia, dove stiamo attenti a quel vicino di casa che non ci piace perchè è uno squilibrato, in quest'epoca bizzarra e spaventosa e sospettosa, in quest'epoca contro natura ripenso ad una tematica sepolta negli anni e nelle paure.

Che ne pensate della pena di morte?

E' possibile che lo stato impieghi risorse per arrestare un colpevole e che quest'ultimo sia sempre giudicato "reintegrabile" nella società indipendentemente dal reato? Non è possibile secondo voi che qualcuno non sia recuperabile e che i misfatti di cui si è macchiato non siano nè giustificabili nè accettabili?
E come si deve sentire quella persona che perde un proprio caro, un proprio amato? Accettare, perdonare, odiare, credere. Che sentimenti deve tenere?

Oppure secondo voi sangue non deve lavare sangue, e lo stato non può arrogarsi il diritto di decidere la vita e la morte.
O avete solo paura più degli errori in sede processuale e pensate che l'inasprimento delle pene non sia un deterrente?

Dostoevskij ha detto: "Non c'è niente di più facile che condannare un malvagio, ma niente di più difficile che capirlo."
E lo scrittore e giornalista G. K. Chesterton un tempo scrisse: "Le favole non dicono ai bambini che esistono i draghi, i bambini già sanno che esistono. Le favole dicono ai bambini che i draghi possono essere uccisi."

venerdì 22 agosto 2008

Quarantanovesimo Capitolo

"Chi non stima la vita, non la merita".
L. DaVinci

Da "Un uomo"
Io sono un uomo
non so se hai presente un uomo
quello creato il sesto giorno prima delle ferie
quello che in molti vorrebbero fatto in serie
quello che ormai si sa quasi tutto
genetica mente simile al maiale
quello dagli altri uomini diverso ma uguale
quello che si riunisce con i parenti a natale
quello educato, inscatolato
da mille telecamere 24 ore al giorno controllato
quello con il suo angolo segreto
dove sfogare le sue frustrazioni
quello pieno di limiti e limitazioni
che si redime bruciando nel fuoco delle passioni.

Io sono un uomo
non so se hai presente un uomo
ma che bella sensazione mi dà
allentare la mia rigidità
essere un essere umano soltanto
nel riso nel pianto e negli sbagli miei.

Io sono un uomo
non so se hai presente un uomo
quello che istintivamente
teme per la sorte dei suoi cari
che si caccia sempre in brutti affari
sdraiato sull'erba guarda passare le nuvole
e prova un senso di stupore di fronte al creato
di cui teoricamente lui è l'essere meglio riuscito
di cui teoricamente lui è l'essere più evoluto
che ama la libertà ma si appassiona ai divieti

Puoi trovarmi nel centro di Milano
dentro una caverna o sopra un aeroplano
ansiogeno misogino dentro a un lacrimogeno
oppure intento a scindere l'atomo di idrogeno
in una fila di macchine davanti a una puttana
o a casa di mia suocera nel fine settimana
a sfogliare riviste di moda tra attrazione e rabbia
a spalmarmi creme a fare castelli di sabbia
in ginocchio di fronte a un amore finito
al sicuro nascosto dietro al mio dito
bello come il sole in una mattina di primavera
rimesso in discussione già quando arriva la sera

E sono ogni fiore che ho annusato
ogni occhio che ho incrociato
ogni cibo che ho mangiato
ogni libro che ho interrotto
ogni giocattolo che ho rotto
ma anche di più
molto di più di questo.
Qualcuno sa come va a finire la vita?

mercoledì 20 agosto 2008

Quarantottesimo Capitolo

"Coltelli da cucina"

Una ragazzina in casa con in mano un coltello, quante volte la sua mami lo maneggia le prepara da mangiare ma lei mica è contenta, anzi la odia, le impedisce di uscire e di frequentare il ragazzo incontrato a scuola, non la sopporta, non la regge un istante, 16 anni sulla carta e più di 30 tra le gambe. A quell'età è facile scambiare l'apprensione di una madre in un ostacolo addolescienziale, ogni divieto le sembra una punizione, accresce la sua rabbia chiusa in camera per ore e alle sue spalle il primo colpo alla nuca la seconda coltellata e la sua schiena che poi buca e i ricordi di sua madre non li ha spenti; tra 20 anni la vedrà guardandosi allo specchio tra i suoi lineamenti.

Stanotte io mi perdo nella stanza della morte, la morte.
Tieniti forte, benvenuto nella stanza della morte, la morte.

Lui le fa l'ennesima scenata di gelosia, lei minaccia di prendersi il figlio e di andarsene via, un'altra coppia che è in crisi da tempo, lui sono diversi mesi che sospetta un tradimento, non la sopporta, non la regge un istante, ha l'immagine di un altro che la sfiora tra le gambe, apre il cassetto ed estrae quel coltello, la gelosia porta a pazzia senza manco volerlo, non si capisce cosa scatti nel cervello sta di fatto che lei grida, lo implora di stare fermo, l'afferra per un braccio; è scioccata perchè lui di agire e non ne aveva avuto mai il coraggio, puttana, coltellata sotto al mento e preme fin che tra la carne non sparisce quella lama, con quel gesto uccide lei e un'altra vita in parte, quella di suo figlio che la guarda sangue del suo sangue.

Stanotte io mi perdo nella stanza della morte, la morte.
Tieniti forte, benvenuto nella stanza della morte, la morte.

La sua bambina è nella culla che non smette di strillare, lei piena di psicofarmaci non la riesce a calmare, ha il complesso d'essere una cattiva madre, quel suo piangere giustifica il pensiero che l'assale, non la sopporta, non la regge un istante, si dispera e guarda il coltello appoggiato sulle gambe, alterna attimi d'amore per una figlia adorata, con l'odio perchè è il motivo per cui il suo uomo l'ha lasciata; un colpo secco al cuore e ora la bambina, non strilla più e il sangue macchia la sua copertina, per un secondo gode del silenzio, segue un groppo in gola e si rende conto del suo gesto, in preda al panico tenta di rianimarla, urla di dolore mentre poi continua a coccolarla, chiama la polizia, trema dicendo che hanno ucciso la sua bambina ma giura, ''non è colpa mia''

Un coltello nel cassetto, arma letale, complice perfetto per un dramma familiare, uno strumento che di fondo sembra unisca le persone, una cena insieme, macchie di sangue sull'amore.

lunedì 11 agosto 2008

Quarantasettesimo Capitolo

"Alcuni dicono che il tempo sana tutte le ferite. Io non sono d'accordo. Le ferite rimangono. Col tempo, la mente, per proteggere se stessa, le cicatrizza, e il dolore diminuisce, ma non se ne vanno mai."
Rose Kennedy

Il destino è questo: divertente e maledetto. E' un camion che impazzisce e attraversa la strada. E ti si para davanti. Un istante per la vita. Una vita che passa in un istante.
Un Giuseppe era su una di quelle vetture.
Eri lì Giuse. Eri lì, hai fatto una vita sana, ti tenevi controllato. Avevi anche smesso di fumare da qualche anno e facevi jogging tutte le sere per tenerti in forma.
Avevi due figli, una di 8 e uno di 9 anni. Gli volevi bene a quelle due pesti. Lui voleva fare il calciatore ed era contentissimo quando lo hai portato a vedere la sua prima partita. Lei era più signorina e voleva fare la stilista.
Stavi su quella strada per lavoro, eri incasinato e di fretta, stavi riorganizzando il discorso per quell'ultima riunione prima di andare in ferie. Pochi giorni ancora.
Ma pensavi ai tuoi due bambini. E il sorriso dei tuoi figli ti è passato negli occhi. Poco prima di quel camion.
L'autoradio passava la "Sonata in chiaro di luna". Era il cd che ti aveva regalato tuo padre. Lo sentivi sempre quando volevi concentrarti. E avevi i brividi.
La dolce estate era già cominciata e sorrideva vicino a te.
Tua moglie era appena uscita a fare la spesa. Ti aveva comprato quei biscotti che adori. Uno sfizio per la colazione di domani. Era indaffarata e pensava a ieri, quando avevate litigato per quella sciocchezza. E che stamattina non ti aveva neanche dato un bacio sulla guancia per salutarti. Era arrabbiata con te, Giuse. Ma che le avevi fatto? Poco importa ormai.
Era tutta qui la tua vita. Piccola e fatta di cose piccole. Immense per le persone che ti amano. E tu lì. In quel pezzo dei autostrada. E poi il camion. E quella frenata. Inutile. E poi il buio.

Il racconto in realtà è assolutamente inventato. Ma non voglio dire che sia falso. Quelle persone avevano una storia. Magari diversa da questa. Ma avevano una storia.
Nella tristezza e nel'ineluttabilità del destino, traiamo forza. La forza di guardare fieri quel sorriso beffardo e maledetto.

lunedì 4 agosto 2008

Quarantaseiesimo Capitolo

"Soldati"

Si sta come d'autunno
sugli alberi
le foglie.

G.Ungaretti
Bosco di Courton, luglio 1918