giovedì 14 giugno 2012

Centoventitreesimo Capitolo



Da ragazzino facevo la vasca con un deca in tasca ma un deca ti basta quando non pensavi ai villoni e ai milioni anche senza una lira eravamo i migliori sognando di andare più in alto del Duomo l’uomo fa i soldi non i soldi l’uomo e se con un deca non si può andar via ci resta la testa e questa fantasia.

martedì 6 marzo 2012

Centoventiduesimo Capitolo

4Marzo 1943
Dice che era un bell'uomo
e veniva, veniva dal mare...
parlava un'altra lingua...
però sapeva amare;
e quel giorno lui prese mia madre
sopra un bel prato..
l'ora più dolce
prima di essere ammazzato.
Così lei restò sola nella stanza,
la stanza sul porto,
con l'unico vestito
ogni giorno più corto,
e benché non sapesse il nome
e neppure il paese
mi riconobbe subito
proprio all'ultimo mese.
Compiva sedici anni quel giorno
la mia mamma,
le strofe di taverna
le cantò a ninna nanna!
e stringendomi al petto che sapeva
sapeva di mare
giocava alla Madonna
col bimbo da fasciare.
E forse fu per gioco,
o forse per amore
che mi volle chiamare
come nostro signore.
Della sua breve vita, il ricordo,
il ricordo più grosso
e' tutto in questo nome
che io mi porto addosso.
E ancora adesso mentre bestemmio
e bevo vino
per i ladri e le puttane
sono Gesù bambino.

Testo originale. Un vero testamento.

domenica 4 marzo 2012

Centoventunesimo Capitolo

"E' uno strano dolore, morire di nostalgia per qualcosa che non vivrai mai..."
A.Baricco

Il tempo.
Certe cose se le porta via, il tempo.
Dolori, ferite profonde, spensieratezza e la voglia di stare insieme. Se ne va così, senza dar disturbo, nella notte, non facendo rumori. E lascia null'altro che sangue, cenere e bicchieri vuoti, appoggiati sopra una tavola che una volta sorreggeva il nostro cuore.
Ora il tempo scorre, e passano le settimane. Intorno le persone invecchiano, passano, si sposano e fanno figli. Maturano. Muoiono, che poi è solo un modo perfetto di invecchiare o imperfetto di vivere.
Ultimamente capita di trovarsi in mano un orologio impazzito, che gira vorticosamente. E mi accorgo che non è un sortilegio, nessuna magia, solo lo scorrere del tempo che diviene sempre più incessante, sempre più ineluttabile, sempre più maledetto.
La speranza è svegliarsi e piangere per il tempo che si poteva vivere e non vivremo, non per il tempo perduto che non abbiamo vissuto.

-Ti rivedrò mai?
-Si, tra molti anni, credo, in un altro posto, in un'altra solitudine.

sabato 7 gennaio 2012

Centoventesimo Capitolo

"Chiamatemi Ismaele"
Herman Melville

Era sabato 10 novembre del 2007. In un freddo pomeriggio, era un sabato, mi venne l'idea di provare a creare una storia, un racconto. Un filo indissolubile, lungo non si sa quanti capitoli, con voi. Voi. Voi nel senso piò vasto e folle e indistinguibile del termine. Senza chiedervi l'identità, senza chiedervi nulla, se non di lasciare una parte, piccola, di voi stessi, del vostro ego, del vostro essere.
A 4 anni di distanza abbiamo affrontato diverse tematiche ed argomenti. Alcuni in modo critico, altri divertente, altri frivoli. A volte abbiamo colpito duro, come un gancio sinistro alla mandibola. Altre volte siamo stati carezze di vento.
Abbiamo avuto pareri e siamo stati letti dall'Inghiterra, Spagna, Belgio, Germania. Persone che hanno bevuto un bicchiere insieme a noi a migliaia di chilomentri, stando zitte magari, ma ascoltando e, voglio sperare, pensandoci.
Ora, a 4 anni di distanza, molte cose sono cambiate.
E' tempo che non vi fate più sentire, che non dite nulla. Silenzioso silenzio.
Per questo motivo, il centoventesimo post, potrebbe essere l'ultimo. Se non volete che sia così, se volete ogni tanto dare un occhio, beh, questo è il momento giusto di farvi sentire.
Gridatelo. Scrivetelo. Ora o mai più.

sabato 29 ottobre 2011

Centodiciannovesimo Capitolo

Raccontatemi una storia di dipendenza. Avanti. Non siate timidi.

"Abbiamo tutti una dipendenza. Che sia da sostanze illecite, fumo, coca, caffè, gin, amore, sesso, dalla vita dissoluta o da una esemplare, o magari dagli specchi e da quello che si nasconde dietro i sorrisi. Tutti noi eleggiamo una essenza, il sogno che ci da la carica e ci spinge avanti. La droga che ci uccide. Siamo tutti assuefatti a cose più bizzarre di noi stessi. Bisogna saper scegliere."
T.Davidson, autore e scrittore inglese

"Io lo so il loro gioco,vogliono una risposta,
una spiegazione avvolta in un bel fiocco rosa
Puntare il dito contro la mia famiglia
la mia infanzia, cercandomi lo sporco e la rabbia.
La colpa data ai videogames, alle canzoni o alla tele o alle emozioni.
Ma quando ho cominciato io non avevo motivazioni
non avevo niente, ero come voi!
Volevo fare parte di qualcosa nella vita
anche se questo qualcosa era una morte collettiva,
o forse un'alternativa alla mia apatia
semplicemente non era abbastanza viva.
Ricordo, eravamo annoiati quella mattina,
a casa mia, e nell'ora di geografia
ridevamo dopo la prima, ci sentivamo più amici, più uniti, più in cima.

E così di giorno avevo qualcuno da incontrare
la notte avevamo qualcosa, per sognare.
Passavano le settimane, per lo più stavamo giù le sere, a farci , a parlare..
La vedevo entrare nei discorsi, nei nostri scherzi
farci sentire speciali e diversi
la realtà non bastava più, né i fili della tv volevamo un film con gli effetti.
Sensazioni e sensazioni, finte come l'espressioni dei presentatori
come i seni delle ballerine, gli amori dei calciatori
le famiglie unite negli spot dei pandori.
A un mondo artificiale spetta un paradiso artificiale
senza santi, eroi e fidanzate

E ora di giorno maledico di averti incontrata,
il vuoto che avevo dentro si è allargato e mi ha fagocitato.
Di notte torno a cercarti, vedo gli altri ora so che sono tutti bugiardi!
Che buffo di notte mi agitavi e mi levavi il sonno
e ora senza di te non dormo e non sogno.
Solo un sogno ricorrente, un'onda gigantesca,
una parete d'acqua immensa che mi cade in testa.
Dopo le risate le lacrime, se guardi dentro l'abisso
anche l'abisso guarda dentro te.
Hai preso tutto ciò che c'era da prendere,
ho perso tutto ciò che c'era da perdere.
Ho eliminato chi potrebbe esserci d'intralcio
ho collegato ormai le tessere del tuo mosaico
se non è amore che cos'è ciò che provo per te?
passa il tempo più ti cerco più...vorrei smettere...

Questa è una storia d'amore..."
Da Amore in Polvere

giovedì 6 ottobre 2011

Centodiciottesimo Capitolo

"Don't settle. Stay hungry. Stay foolish."
S.Jobs

Addio ad un genio, visionario e immortale.

sabato 3 settembre 2011

Centodiciassettesimo Capitolo

Nei giorni estivi, ripieni di familiare violenza, di omicidi e sangue. Dove la parola "mostro" viene usata ed abusata, vorrei portare questa frase, di un grande poeta, e filosofo. Un uomo saggio. Un genio vero. Riprendetelo in mano. Ne varrà la pena.
Jorge Luis Borges disse:
"Come sarà il mio redentore? Sarà forse un toro con il volto d'uomo? o sarà come me?"

"Mi piacerebbe affidarmi alla religione
ad un partito, ad un capo, a una professione
come la maggioranza delle persone
perché ho passato da un pezzo l’età della ribellione.
Mi piacerebbe che il male avesse confini precisi
come pensano i politici, gli snob e i cretini,
la lavagna coi buoni e i cattivi
e che sia la musica che corrompe i ragazzini.

Così il popolo impaurito diventa conservatore,
prende un mostro e gli da un colore
piuttosto che accettare che chiunque è un potenziale Hitler
e che 9 su 10 un parente è sempre il killer.
La bestia si nasconde dentro me
Dentro tutti
Le uniche certezze sono i dubbi.

Dovunque vai la gente vuole un mondo migliore
la pace l’amore
si ma solo nelle parole di di una canzone
poi è la legge del taglione.

È una gabbia mentale, l’anima rimane
incatenata al corpo e il corpo al desiderio carnale,
alla rabbia alla fame finisci col misurare
quanto tu stai bene in base a chi sta più male.
Una cella più grande può bastare.

Fa male cercare di scappare
e questo tempo infame
scava dentro me.
Fa male quando la luce sale
e vedo l’animale
dentro me."
da "Dentro me" di A.Aleotti

lunedì 25 luglio 2011

Centosedicesimo Capitolo

"La confessione è sempre un atto di debolezza. La persona forte mantiene i suoi segreti e accetta le proprie punizioni in silenzio."
Dorothy Dix

"Capita che un albatro ferito e solo, resti inchiodato al suolo,
e debba fingere e vivere come un uomo,
io lo so perchè è successo a me, anni orsono,
durante un volo troppo radente, troppo curioso.
Inizialmente ho amato l'umanità,
sempre tesa tra ciò che si fa e non si fa,
all'improvviso chiedersi "e se fosse tutto qua?"
Avrei ucciso credimi, per una dose di novità.
Da qua su le gru fanno il lifting alla città
nascondono l'età ma ci riescono per metà,
c'è elettricità nel cielo, milioni di affari umani,
blu come un monitor, banchi di nuvole e di dati.
E sulla terra deridono gli albatri e i liberi arbitrii,
già dagli albori nei primi incanti e nei primi miti,
senza calarsi non c'è catarsi, siamo mortali ma siamo caparbi.
E vado su, lontano dall'eco dei miei rimpianti,
e sulla terra sono solo come un cane
ma lo so che posso volare
e ho migliaia di braccia tese su cui atterrare."

L'Albatro - F.Rizzo

venerdì 24 giugno 2011

Centoquindicesimo Capitolo

"Non so se svegliarti,
siamo fatti della stessa materia dei sogni,
siamo attratti come due poli opposti.
Saremo ricchi senza contare i soldi,
liberi, senza contare i giorni.
Conta su di me tipo quattro cinque sei
sai che ci sarò perchè so che tu ci sei
Ma conta su di me tipo sette otto nove
se mi chiami arrivo dimmi solo quando e dove.

Queste iene ci danno solo male di vivere,
ma tutto va bene finchè ti vedo sorridere.
Sopportami anche se sono un danno
perchè è solo con te che posso andare dove in pochi vanno,
posso riuscire a fare quello che in pochi fanno
in cambio ti dirò quello che in pochi sanno.

Ora ti rivedo, si apre il cielo, lascia entrare il sole,
torna il sereno davvero se mi chiami amore,
la pioggia dall'asfalto della strada evapora
e a poco a poco si asciuga come ogni lacrima.

Voglio una figlia che prenda dalla tua faccia,
con la mia rabbia ma non con la mia boccaccia.
Ogni cosa ci sorride."

ispirato da "Fumo e Malinconia" e "Conta su di me".

domenica 24 aprile 2011

Centoquattordicesimo Capitolo

"Nella vita, a differenza degli scacchi, il gioco continua, dopo lo scacco matto."
Isaac Asimov

"A voi che vi siete arricchiti con la mia pelle, mantenendo me e la mia famiglia in miseria, chiedo solo che per compenso dei miei guadagni che vi ho dati pensiate ai miei funerali. Vi saluto, spezzando la penna".
Dopo aver scritto questa lettera ne scrive un'altra per i suoi 4 figli dove dice:
"Sono un vinto, non vi lascio che 150lire".
Poi questo signore di nemmeno 50 anni appoggia il bicchiere di Marsala, finisce la sigaretta, si alza, prende un rasoio, lo mette in tasca e cammina fino al bosco. Qui si squarcia il ventre e la gola. Morirà dissanguato nel giro di qualche ora.
Si è ucciso come avrebbe potuto uccidersi uno dei suoi personaggi, facendo Harakiri, con gli occhi rivolti ad est, verso il sole che sorge.
Muore così, esattamente 100 anni fa, Emilio Salgari.
Uno scrittore fantastico, precursore della fantascienza e di moltissimi romanzi d'avventura. Un uomo che è divenuto simbolo del viaggio, nonostante lui non fosse mai uscito dall'Italia. Viaggiare con la fantasia. La mente come tappeto volante per volare lontano dalla realtà, dalla vita reale. Una vita maledetta.
La moglie Ida, schizofrenica, mori in manicomio nel 1922, la figlia Fatima perì di tisi, il figlio Omar si buttò dal terzo piano della sua abitazione, Nadir morì in un incidente stradale e Romero si suicidò con un colpo d'arma da fuoco.
Una vita incredibile.

Non vi viene voglia di riprendere in mano un suo libro?