lunedì 27 ottobre 2008
Sessantesimo Capitolo
1946 - D.F.Zanuck
A volte credo che basterebbe poco per migliorare il mondo. Almeno il nostro, di mondo. Piccoli gesti. Uno tra tutti i possibili? Spegnere la televisione.
Al diavolo i telegiornali, le risse mediatiche, le menzogne in diretta, le banalità di un presentatore invecchiato sotto le luci di un riflettore. Al diavolo le vallette figlie delle femministe: donne, era questa l'emancipazione che cercavate? Al diavolo gli urlatori, i comici che non fanno ridere, e i grandi occhi che ti seguono fino all'inferno. Al diavolo tutto il circo, tutto il baraccone di nani pelosi e bestie mutate. Basta. Lasciateci in pace. Dove è finita la normalità?
Il sintomo più evidente della decadenza delle trasmissioni è che la pubblicità è spesso migliore del programma stesso. Gli spot sono più pensati, meglio costruiti. A volte terribili, ma a volte geniali. A volte poetici. Come questo di Ricky Tognazzi.
"La vita è un insieme di luoghi e di persone che scrivono il tempo. Il nostro tempo. Noi cresciamo e maturiamo collezionando queste esperienze. Sono queste che poi vanno a definirci. Alcune sono più importanti di altre perchè formano il nostro carattere. Ci insegnano la differenza tra ciò che è giusto e ciò che è sbagliato. La differenza tra il bene e il male. Cosa essere e cosa non essere. Ci insegnano chi vogliamo diventare. In tutto questo alcune persone, alcune cose, si legano a noi in modo spontaneo e inestricabile. Ci sostengono nell'esprimerci e nel realizzarci. Ci legittimano nell'essere autentici e veri. E se significano veramente qualcosa ispirano il modo in cui mondo cambia. E si evolve. E allora appartengono a tutti noi e nessuno."
venerdì 24 ottobre 2008
Cinquantanovesimo Capitolo
Diego Cugia
225 giorni all'esecuzione. Sapete che cosa sto facendo?
Sto guardandomi in uno specchio d'acciaio. Noi condannati
ci guardiamo spesso la faccia. Se lo specchio la riflette, significa
che sei vivo. La prova della faccia è fondamentale, anche
se non è detto che sia la tua. Vuoi farmi credere che quella è
la tua faccia di quindicenne? Non farmi ridere. Nessuno può
mai affermare con certezza che faccia abbia, ammesso che
ne abbia ancora una. O due. E` da un paio di giorni che penso
alla clonazione. Ti offriresti volontario per farti donare?
Me lo chiedo riflettendomi in questo specchio d'acciaio.
Nel braccio della morte ci forniscono solo specchi d'acciaio per
evitare che ricaviamo coltelli dalle schegge di vetro.
Interrompere la vita, Jack? Raddoppiarla semmai.
Rivivere attraverso un clone.
Un te stesso con di nuovo tutte le possibilità davanti.
Non sbaglieremmo un colpo, eh fratello?
E se alla fine di tutto Jack due commettesse gli identici sbagli?
Se fra quarant'anni si trovasse di nuovo faccia a faccia
con se stesso nello specchio d'acciaio?
No, stavolta non ci fregate, donatevi voi. Noi abbiamo già dato.
Giustiziateci.
sabato 18 ottobre 2008
Cinquantottesimo Capitolo
Steven Wright
Notte senza sonno,e sono solo in casa, la tv passa nada
mentre giù in strada c'è chi grida, c'è la solita movida della notte,
con la quale la città va a nozze.
L'anima è nel cesto, preda dell'angoscia non riesco
a star sereno per cui esco, faccio due passi puo darsi che passi,
è un modo come un altro per distrarsi.
Chi fa la corte a qualche signorina,
che ha le scarpe in vetrina, chi si rovina, alcol, eroina,
chi vuole solo far mattina, chi staccare la spina.
Entro in un bar per una birra alla spina.
Ad ogni sorso la schiuma lascia le tracce,
ora come lo scorso anno è su rullanti e casse,
saluto e salgo nel tram, guardo le facce, timbro il mio pass,
vado verso nuove spiagge.
Stacco, quando non ne posso più, parto,
è la musica che mi porta al largo, calmo,
seguo con la sguardo la linea della vita sul mio palmo.
Sulle striscie pedonali incrocio gli occhi della gente,
così occupata dal domani che non vive il suo presente,
sguardo assente, mento appoggiato al petto penso,
col pugno stretto, Frankie resta cosciente.
Non perdere di vista ciò che conta,
non è fondamentale lasciare la propria impronta,
tutti spingono il successo come se questo,
fosse il solo mezzo per realizzarsi adesso,
ma non è così e non so, se resterò ancora qui o se andrò però,
mi godo il silenzio nel quale mi sento a mio agio,
riprendo coraggio, se questo è un deserto il mio è un miraggio, pago
il pedaggio, non resto ostaggio.
Ora spengo il lettore, ascolto il rumore, il suono che si sovrappone
crea una nuova unione, bentrovato buonumore,
apro il portone, ora chiudo gli occhi, dormirò almeno 4 o 5 ore.
Notte blu - F.Siciliano
Questo post è per la gente della notte. Un tetto in ogni porto, una lacrima ad ogni partenza e ad ogni arrivo.
lunedì 13 ottobre 2008
Cinquantasettesimo Capitolo
Antoine de Sanit-Exupery
Quello che nell'amicizia così come nella vita fa la differenza è la fame. E' la voglia, di esserci, di arrivare, di provare l'ebbrezza di essere parte di qualcosa. E' trovare forza e voglia e tempo là dove non ci sarebbe.
Tenacia e impegno. Desiderio.
Ed è bellissimo vedere le persone intorno a te che si dannano per trovare uno spazio puro in mezzo a questa vita sporca di troppe attività, di troppe cose.
Vedere che nonostante tutto il bene più prezioso è il tempo.
Non importa se viaggiamo in giro per il mondo ogni santo giorno. L'importante è che a volte torniamo e troviamo nelle persone che amiamo la nostra casa.
Non importa che gli impegni ci sovrastano: il tempo per una castagnata intorno al fuoco lo troviamo.
Non importa che lo studio ci sommerga: un fuoco acceso, il fumo di una pipa, e chiacchiere di fondo. E l'odore della cenere del tempo che si toglie dai vestiti consunti dei nostri rapporti che riprendono vita.
E noi rinasciamo, fenici dalle nostre ceneri.
Ciò che fa la differenza alla fine è la fame. Che discrimina tra le facce di gente che passa e di quelli che restano. La fame di voler esserci.
giovedì 2 ottobre 2008
Cinquantaseiesimo Capitolo
Dopo molte prove e progetti e notti in bianco e sangue e momenti di sfiducia scopre il vaccino, somministrabile per bocca, della polio. E' efficace e riduce di moltissimo gli effetti collaterali tipici del vaccino creato da Salk qualche anno prima.
I bambini continuano a morire, e il nostro Albert cerca quindi di velocizzare i tempi per vaccinare su larga scala, ma la comunità scientifica frena: c'è bisogno di nuove prove e nuovi test. E allora cosa fa Albert? Comincia a provarlo. Prima su sè stesso, poi i suoi assistenti, poi giovani carcerati, poi le sue figlie, poi alcuni volontari. E funziona.
Inizia quindi la vaccinazione nel 1957. Il risultato? La malattia in circa 50 anni è stata debellata completamente in Europa.
Vi chiedete dove sia la poesia in questa storia?
Primo. Albert, non volle brevettare la sua invenzione, rinunciando allo sfruttamento commerciale che lo avrebbe reso uno degli uomini più ricchi del pianeta, per garantire una diffusione più vasta e più rapida della cura.
Secondo. Non ricevette mai il premio nobel per le sue scoperte.
Terzo. Quanti di noi si dimenticano troppo spesso che dobbiamo la vita anche agli Albert Sabin?
Quarto. Gli angeli esistono?
Sabin muore, ricco ma povero, nel marzo del 1993.